31 luglio 2008
Roma come Baghdad... o le solite fesserie italiote?
21 luglio 2008
Un gesto veramente europeista
Senza parlamentari, ministri e consiglieri regionali impegnati nelle trasfertine a Bruxelles, riuscirebbero a campare lo stesso le nostre istituzioni? E tra i trombati e i politicanti di serie B che verrebbero esiliati a Strasburgo, non potrebbe emergere qualche convinto europeista, capace di guardare al di là della mera politica italiana di piccolo cabotaggio?
Mah... probabilmente sarebbe un gesto talmente semplice e lungimirante, che difficilmente potrà essere realizzato dai nostri governanti.
09 marzo 2008
Un paese che vive di rendita
Già all'epoca della mia visita provai ad immaginarmi un museo navale a Venezia, immerso tra la storia della Serenissima e il fascino della città.
Attraverso l'articolo di Giorgi, ho potuto scoprire cosa stanno combinando i francesi a Rochefort: un'autentica americanata! Dal 1997 stanno ricostruendo la fregata Hermione, e attorno al cantiere è sorto un vero e proprio polo turistico: migliaia di visitatori, souvenir venduti e contributi economici per vedere niente più che un'enorme falegnameria in azione. Il tutto in pieno stile americano: creare la storia dove la storia non c'è o non ha lasciato traccia.
E allora, a noi che viviamo in un paese-museo, con città di provincia che hanno più storia di altre nazioni nel loro insieme, verrebbe da chiederci: siamo capaci soltanto di vivere di rendita?
Se non fosse per gli antichi Romani, per la Chiesa e per le dinastie succedutesi in regni e ducati, avremmo qualche possibilità di attirare turismo culturale?
Ci dimostriamo tanto orgogliosi quando si tratta di recuperare qualche opera d'arte dall'estero, e non riusciamo a renderci conto che, con un po' d'ingegno e efficenza, potremmo creare milioni di posti di lavoro e salvare gli aeroporti in crisi solo facendo fruttare ciò che abbiamo di più prezioso: la nostra storia.
28 febbraio 2008
Contraddizioni di fine febbraio
Bravo Italsystem e bravo Bartolini.
La stessa domenica mi accorgo che il libro che sto leggendo ha una quartina doppia e una mancante. Faccio una foto, mando un'email alla casa editrice ma non ricevo risposta. Il mercoledì (dopo 3 giorni) trovo a casa un pacchetto postale con una nuova copia del libro in questione, spedito il giorno precedente.
Brava Sperling & Kupfer e bravo SDA.
Ora, si parla di paese in ginocchio al motto di "rialzati Italia!", di spietata concorrenza cinese, di tassazione elevata, di costo del lavoro insostenibile, di settore privato fossilizzato quasi al livello del pubblico.
Senza negare tutte queste considerazioni del momento, io credo ancora in un'Italia assetata di successo, piena di creatività e alla ricerca di efficienza e competitività.
Ciò che mi chiedo è se i grandi gruppi industriali e di servizi saranno all'altezza di sostituire il piccolo e medio imprenditore, quello fattosi da solo partendo dall'intuizione geniale o da una straordinaria abilità, che ormai sta scomparendo, demotivato più dalle tasse e dalle burocrazia che dalle sfide del mercato.
C'è ancora spazio nei giovani per la cultura dell'imprenditorialità?
Siamo alla ricerca dell'idea che ci può cambiare la vita o ci accontentiamo del posto fisso da 1000 euro al mese?
Forse ciò di cui abbiamo veramente bisogno è di uno Stato che ci lasci essere un po' più "italiani", scanzonati e geniali come siamo sempre stati.
18 febbraio 2008
La mia idea di gruppo di AC
Prima Pier Giorgio, innamorato della montagna. Poi Vinicio, che sui monti è rimasto per sempre. Infine Tonino, un vescovo di pianura che parla di cime. Sono tante le persone che mi hanno portato a pensare che l’AC è come un sentiero di montagna.
È bella la montagna, ma non bisogna mai scherzare con la montagna. La montagna richiede idee chiare: serve un punto di partenza, un punto d’arrivo e un percorso da seguire; non si va a fare quattro passi in montagna! La montagna richiede esperienza, la propria o quella dei compagni di viaggio. Si, perché in montagna servono anche i compagni, per sostenersi nei momenti di difficoltà e godere assieme dei traguardi raggiunti. Ci vuole fede in montagna, perché non sempre la vetta è davanti ai nostri occhi. Ci vuole coraggio e determinazione, perché gli indecisi rimangono a pasteggiare nel caldo dei rifugi. Bisogna essere semplici e adattarsi in montagna, perché nessun zaino può contenere tutte le comodità quotidiane di cui siamo schiavi. Infine, bisogna sapersi emozionare in montagna, perché la gioia di arrivare in vetta va gustata come il più prezioso dei regali.
02 gennaio 2008
La vergogna di essere italiani
La colpa questa volta è di mia sorella.
Da un po' di anni i regali di Natale e di compleanno sono apparentemente scontati. Dico apparentemente, perché sotto la carta e il bollino della libreria, ho sempre trovato titoli stimolanti, che il più delle volte non scalano le classifiche di vendita.
Così negli ultimi anni ho potuto leggere Paolo Longo, Giampaolo Pansa, Jeffrey Sachs, e nell'ultimo periodo, a parte il best-seller Rizzo-Stella, mi hanno colpito due libri di storia, ma di quella storia che a scuola non insegnano.
Lo scorso anno è stata la volta di Giovanni Minoli che col suo Eroi come noi mi ha fatto scoprire le pagine più tragiche della storia italiana del dopoguerra, quelle che per molti sono state soltanto un periodo di lotta, di rivolta, di rivendicazione, ma che per molti altri hanno significato la perdita di un padre, di una madre, di un figlio troppo giovane.
Credevo di aver provato abbastanza vergogna per questa macchia nella nostra storia, ma non avevo ancora fatto i conti con un tale Mario Calabresi, figlio di un certo commissario Calabresi. Il nome l'avevo già sentito. Quando nell'introduzione incontro i nomi di Sofri, Bompressi e Pietrostefani, qualcosa comincia a puzzare: nomi noti, troppo noti per non essere ricordati.
Il presentimento si realizza pian piano, macinando le pagine in una notte di capodanno, con gli orari ancora sfasati per avere sonno a mezzanotte. Il quadro che si va delineando nel racconto di Mario Calabresi è quello di un paese che dopo un'overdose di celebrazioni e di retorica, dimentica in fretta i propri eroi, ma lascia sempre spazi di dubbio, riabilitazione e illimitata libertà di espressione a chi è stato assassino, mandante, connivente, complice... in una parola, terrorista.
E il pensiero va a quelle tante, troppe famiglie, private del proprio futuro e nuovamente schiaffeggiate ogni volta che uno di quei "riabilitati" appare in televisione, sui giornali, negli scaffali di una libreria, spacciandosi per "opinionista", "attivista", "giornalista".
Sono questi i momenti in cui mi vergogno di essere italiano.
E mi fanno sorridere notizie apparentemente fiabesche come quelle dell'allargamento dell'Unione Europea, dell'area Euro e dell'area Schengen, e della presidenza di turno Slovena. In un continente dove si paga con le stesse banconote, dove sono sparite le frontiere, dove 400 milioni di persone (criminali compresi) possono girare liberamente senza esporre documenti, mi vien da ridere pensando che terroristi italiani si godono le proprie condanne definitive sulle rive della Senna, e che le nostre forze di polizia, solo perché indossano una divisa, si devono ancora fermare al confine di Ventimiglia.
Paradossi di un paese che, più che proiettato verso il futuro, sembra essere sempre più impegnato a vivere il presente, rimuginando sul passato.
Viva l'Italia!